Carlotta Carboni, Primo Buscemi e Maria José Caldés
L’OMS stima che nel 2020 in 85 paesi siano stati diagnosticati circa 241 milioni di nuovi casi di malaria e che si siano verificati 627.000 decessi correlati alla malaria, di cui più dei due terzi tra i bambini di età inferiore ai 5 anni nel continente africano.
Il 25 aprile è stato celebrato il World Malaria Day, ricorrenza istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2013 che invita alla riflessione sul carico di questa malattia a livello globale. “Harness innovation to reduce the malaria disease burden and save lives.” – Sfruttare l’innovazione per ridurre il carico di malattia della malaria e salvare vite, questo lo slogan dell’OMS per il World Malaria Day 2022 (1). Ed ecco che di fronte a questo slogan, il nostro pensiero non può che andare a Massamba.
Massamba (nome di fantasia) era un bambino di 4 anni che viveva in Senegal in un villaggio al confine con la Guinea-Bissau, nella regione di Sédhiou. L’imperfetto è d’obbligo per parlare di lui, perché purtroppo Massamba è deceduto qualche mese fa, mentre era in corso una missione del Centro di Salute Globale della Regione Toscana.
Stavamo visitando una struttura sanitaria territoriale (centre de santé), quando Massamba vi è giunto trasferito d’urgenza già in stato comatoso con diagnosi di malaria cerebrale. Una volta arrivato, gli operatori hanno potuto solamente dichiararne il decesso. Massamba, purtroppo, è solo uno dei tanti bambini che non hanno potuto beneficiare di un adeguato accesso alle cure o per il ritardo nel ricorso alle stesse o per mancanza di mezzi economici. Tutto ciò acquista un senso ancor più drammatico se si considera che la malaria è una malattia prevenibile e curabile.
L’OMS stima che nel 2020 in 85 paesi siano stati diagnosticati circa 241 milioni di nuovi casi di malaria e che si siano verificati 627.000 decessi correlati alla malaria, di cui più dei due terzi tra i bambini di età inferiore ai 5 anni nel continente africano (1). In Senegal la malaria è endemica e presenta tassi di incidenza che variano tra le aree urbane e rurali e le diverse regioni. Tre regioni del sud del paese – Tambacounda, Kolda e Kédougou – presentano la più alta diffusione della malattia, con una prevalenza rispettivamente dell’1%, 3% e 7% (2). Il Senegal ha una popolazione di circa 17 milioni di abitanti, presenta un tasso di fecondità totale (“numero medio di figli per donna”) pari a 4,5 e un elevato tasso di mortalità infantile, che nel 2020 raggiungeva i 56 per mille nati vivi (3, 4). Nel 2019 la malaria costituiva la sesta causa di morte nel paese, quando nel 2000 figurava al primo posto nella classifica delle cause di morte (Figura 1). Dal 2015 al 2019, Il numero di casi di malaria è diminuito del 38% (da 69 per 1000 abitanti a 50), mentre il numero di decessi per malaria è diminuito del 7% nello stesso periodo (da 0,30 per 1000 abitanti a 0,28) (2).
Figura 1. Principali cause di morte in Senegal, confronto anni 2000 e 2019. Fonte: Global Burden of Disease (GBD).
Questi risultati sono stati ottenuti grazie ad una serie di iniziative di contrasto messe in atto a livello globale, nazionale e regionale per contrastare la malaria. L’OMS, attraverso il Global Malaria Programme (GMP) ha la responsabilità di coordinare le misure attuate globalmente per controllare ed eliminare la malaria (5). Il GMP lavora considerando come riferimento il documento “Global technical strategy for malaria 2016–2030” adottato nel maggio 2015 dalla World Health Assembly e aggiornato nel 2021. Il GMP ha il compito di supportare gli stati membri dell’OMS a raggiungere gli obiettivi definiti nel documento attraverso la promozione di politiche per il controllo e l’eliminazione della malaria, aiutando i paesi ad adottare e implementare gli standard OMS e fornendo sostegno nella stesura dei piani strategici nazionali, nonché nello sviluppo di solidi sistemi di sorveglianza.
A livello nazionale, il National Malaria Control Program (NMCP) ha stabilito come soglia di pre-eliminazione un’incidenza annuale inferiore a 5 casi ogni 1.000 entro il 2020, obiettivo ambizioso recepito dal Piano Strategico Nazionale (PSN) del Senegal 2016–2020 (6). Il PSN senegalese è composto da numerosi interventi che coinvolgono i diversi livelli della piramide del sistema sanitario senegalese (Figura 2). Alla base della piramide si trova una componente che partecipa in maniera attiva alla gestione delle misure di prevenzione e di diagnosi e trattamento precoce della malaria a livello territoriale: il sistema sanitario «informale» che prende forma nelle strutture chiamate case de santé. Si tratta di strutture sanitarie territoriali nelle quali operano agenti comunitari volontari che hanno ricevuto un tipo di formazione breve e specifica dell’attività che andranno a svolgere. A questi ultimi sono affidati gran parte dei compiti relativi al PSN (6, 7).
Figura 2. Schematizzazione dell’organizzazione del sistema sanitario senegalese. Alla base della piramide il sistema “informale” costituito dal personale comunitario che lavora nelle case de santé. Ai livelli superiori le strutture statali, in cui lavora personale sanitario diplomato e stipendiato dallo stato: poste de santé e diversi livelli delle strutture sanitarie pubbliche (établissement public de santé, EPS; EPS I, Centre de santè; EPS II, Centre hospitalier régional; EPS III, Centre hospitalier national).
Tra i diversi interventi previsti dal piano nazionale, di seguito tratteremo brevemente i più significativi.
Nel 2007 il Senegal ha adottato le terapie combinate a base di artemisinina (ACT) come trattamento di prima linea. Nello stesso anno, ha introdotto i test diagnostici rapidi (TDR), che dal 2017 vengono sistematicamente effettuati in caso di febbre (8). Secondo il bollettino epidemiologico annuale della malaria del 2019, il numero di casi di malaria confermati raggiungeva i 354 708 su oltre 2 milioni di casi sospetti ai quali era stato effettuato un test rapido. Il 96% dei casi confermati era stato trattato con ACT (9).
Dal 2009 è stata introdotta la strategia PECADOM (Prise En charge des CAs de paludisme à DOMicile) che consiste nella presa in carico dei pazienti affetti da malaria al proprio domicilio da parte di un agente comunitario (7). L’implementazione della misura è stata rafforzata a partire dal 2017 e ciò ha contribuito al netto miglioramento dell’offerta sanitaria e dell’accessibilità alle cure a livello comunitario, tanto che il numero di casi confermati nel contesto di tale misura rappresentava il 12% del totale dei casi registrati nel 2019, in aumento rispetto agli anni precedenti (8.4% nel 2016) (8).
In ambito di lotta antivettoriale una delle componenti preponderanti del PSN è certamente la distribuzione gratuita di zanzariere impregnate di insetticida in atto a livello nazionale sin dagli anni 2008-2009, ma condotta in modo sistematico solo dal 2016. La campagna di distribuzione effettuata nel 2019 ha consentito di raggiungere un tasso di copertura dell’81%, con la distribuzione di una zanzariera impregnata ogni 2 persone (8). La lotta antivettoriale comprende anche altre misure quali l’aspersione intra-domiciliare di insetticidi ed il trattamento degli habitat larvali (6).
Una delle componenti storiche del PSN è il trattamento preventivo intermittente (TPI) nelle donne in gravidanza, già adottato nel 2003 e aggiornato nel 2014 a seguito delle nuove raccomandazioni OMS. Esso prevede l’assunzione di pirimetamina e sulfadiazina a cadenza mensile a partire dal secondo semestre di gravidanza e fino al parto. L’obiettivo del PSN è quello di assicurare una copertura di almeno l’80% con tre dosi in questa popolazione target. Tuttavia, dai dati del bollettino epidemiologico nazionale del 2019 si evince che il paese è ancora lontano dal raggiungimento di questo obiettivo con appena la metà (53,6%) delle donne destinatarie dell’intervento che hanno completato il trattamento a livello nazionale (6,9).
Infine, la chemioprofilassi stagionale, conformemente alle raccomandazioni dell’OMS prevede l’assunzione di amodiachina, pirimetamina e sulfadiazina per tre giorni consecutivi ad intervalli regolari di un mese durante la stagione delle piogge nei bambini con età compresa tra i tre mesi ed i dieci anni. La misura è stata inizialmente attuata nel 2012 in quattro regioni senegalesi: Kédougou, Kolda, Sédhiou e Tambacounda. L’organizzazione delle campagne di massa si avvale anch’essa del sistema comunitario tramite il passaggio “porta a porta” di attori comunitari che si occupano della somministrazione gratuita del trattamento direttamente ai bambini target. Nel 2018, a seguito di uno sciopero del personale sanitario a livello nazionale, la CPS non è stata attuata. Nel 2019, la strategia della campagna è stata riadattata sulla base dell’evoluzione epidemiologica con l’inclusione delle regioni di Diourbel e di Kaolack e con l’interruzione della campagna nella regione di Sédhiou, nella quale era stata osservata una significativa riduzione dell’incidenza. Purtroppo, nel 2020 la pandemia ha avuto un impatto negativo sulla campagna di chemioprofilassi, così come sul ricorso alle cure, determinato dalla paura del contagio. L’obiettivo del PSN di garantire una copertura del 95% nei bambini da 3 mesi a 10 anni nelle aree target entro il 2020 non è stato raggiunto e i dati riportano che solamente l’80% dei bambini avrebbe ricevuto un adeguato trattamento (6,9,10).
Concludendo, nonostante dal 2015 al 2019 sia stata osservata una riduzione della morbosità e della mortalità della malaria, ancora tanto è necessario fare per ridurre l’impatto della malattia e sicuramente il Senegal dovrà affrontare molte sfide.
L’OMS chiede investimenti ed innovazioni che apportino nuovi approcci nel controllo dei vettori, nella diagnostica e nella terapia antimalarica al fine di accelerare il progresso della lotta alla malaria : “Harness innovation to reduce the malaria disease burden and save lives.” – Sfruttare l’innovazione per ridurre il carico di malattia della malaria e salvare vite, come quella di Massamba.
Carlotta Carboni, medico in formazione specialistica in Sanità Pubblica, Université des Antilles subdivision Antilles-Guyane
Primo Buscemi, medico in formazione specialistica in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Firenze
Maria José Caldés, responsabile cooperazione sanitaria internazionale, Centro di Salute Globale, Regione Toscana.
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